“E disegnai anche il modo in cui una volta mio padre aveva guardato un uccello steso su un fianco sul bordo del marciapiedi, vicino a casa nostra. Era Sabato e stavamo tornando dalla sinagoga.
«E’ morto, papà?». Avevo sei anni e non osavo guardarlo.
«Sì», lo sentii dire in tono triste e distante.
«Perché è morto?».
«Tutto ciò che vive deve morire».
«Tutto?».
«Sì».
«Anche tu papà? E mamma?».
«Sì».
«E io?».
«Sì», disse. Poi aggiunse, in yiddish: «Ma che questo accada solo dopo che avrai vissuto una vita lunga e buona, mio Asher».
Non riuscivo a capire. Mi sforzai di guardare l’uccello. Tutto ciò che era vivo un giorno sarebbe stato immobile come quell’uccello?
«Perché?» chiesi.
«E’ così che il Ribbono Shel Olom ha creato il Suo mondo, Asher».
«Perché?».
«Così la vita sarebbe stata preziosa, Asher. Qualcosa che è tuo per sempre, non è mai prezioso».”
«E’ morto, papà?». Avevo sei anni e non osavo guardarlo.
«Sì», lo sentii dire in tono triste e distante.
«Perché è morto?».
«Tutto ciò che vive deve morire».
«Tutto?».
«Sì».
«Anche tu papà? E mamma?».
«Sì».
«E io?».
«Sì», disse. Poi aggiunse, in yiddish: «Ma che questo accada solo dopo che avrai vissuto una vita lunga e buona, mio Asher».
Non riuscivo a capire. Mi sforzai di guardare l’uccello. Tutto ciò che era vivo un giorno sarebbe stato immobile come quell’uccello?
«Perché?» chiesi.
«E’ così che il Ribbono Shel Olom ha creato il Suo mondo, Asher».
«Perché?».
«Così la vita sarebbe stata preziosa, Asher. Qualcosa che è tuo per sempre, non è mai prezioso».”
(Chaim Potok, Il mio nome è Asher Lev)
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