mercoledì 10 marzo 2010

Arte

“«Volete dire che un disegno così», estrassi un gessetto arancione dalla scatola che avevo comprato in cartoleria e, con gesti rapidi, disegnai sulla lavagna una rappresentazione infantile di un ariete: zampe sottili e goffe, corpo e testa sproporzionati, corna asimmetriche, «è meno vero e meno reale di un disegno così?». In un’unica linea ininterrotta, disegnai i contorni realistici di un ariete, poi con il gessetto ombreggiai il ventre dando l’illusione della tridimensionalità.
Le scolarette proruppero all’unisono in un «sì».
«E che cosa ne dite di quest’altro ariete». Disegnai un’astrazione lineare dell’ariete, senza ombreggiatura, sottolineando i contorni delle cosce posteriori per enfatizzare la forza e abbellendo la maestosa, alta spirale delle corna. «Quale ariete è più vero?».
Silenzio. Vidi i loro giovani occhi spalancati passare da un disegno all’altro - quello infantile, quello realistico, quello astratto - e vidi anche il sorrisino sul volto di Rocheleh.
«Non sono tre modi diversi di vedere lo stesso oggetto?», dissi. [...]
«[...] L’arte nasce quando una persona che sa disegnare passa da questo», indicai il secondo disegno, «a questo». Indicai il terzo. «Quando si interpreta, quando si guarda il mondo con i propri occhi. C’è arte quando l’oggetto che viene visto si mescola all’interiorità della persona che lo vede. [...]»”

(Chaim Potok, Il dono di Asher Lev)

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