“Fumo. Ah, dimmi che sbaglio mondo, forse ne ho bisogno… ma mi piace giocare con quei piccoli fili di poesia, che sembrano congiungere il mio corpo con il resto del mondo, sembrano darmi un piccolo, insignificante momento di zen, di pace coi sensi. Momento che finisce in pochi secondi, come tutte le più belle cose. Ma mi fa male, la voce è sempre più rauca, non voglio diventare il Liga dei poveri. Ok, deciso, smetterò. Come smetterò di prendere 5 in mate, la prossima verifica sarà diversa. Com’è facile iniziare, com’ è difficile finire… Anche Chester dei Linkin Park (Dio, se li amo, ti danno una carica…) prometteva: “I given up!”; chissà se poi sarà riuscito nel suo intento…
Chissà… sbaglio quotidianamente il congiuntivo e metto ogni due per tre i famosi “periodi ipotetici” che ci insegnano a scuola; penso ce ne sia bisogno in questo mondo pieno di false certezze. Un mondo in cui sei qualcuno se imiti lo stile del boss di turno, in cui tutto diventa più bello se Knut mangia la sua pappa o se Carla Bruni (come dice anche Cristicchi) appare sui nostri schermi.
Datemi qualcosa per vivere, datemi qualcosa in cui credere veramente. Senza sbattermi in faccia esempi o frasi vuote, di quelle ne ho fin troppe e se per caso io voglia trovarne altre mi faccio un giro su Google e ne trovo di altre, perfette anche per spacciarle come mie.
Mi sveglio ogni mattina, sfido lo specchio come sempre, tanto vince lui, ricordandomi che non sono neanche lontanamente il più bello del reame, mi lavo i denti, non sono capace di usare il filo interdentale, le gengive diventano paonazze. Sangue. Mi devo rilavare i denti.
Non voglio fare colazione, ho mangiato troppo ieri, tra Mc e la cena coi nonni; niente da fare, mi devo sorbire la mia aranciata e il mio toast, mettermi le lenti a contatto (naturalmente sbagliando e mettendo ciascuna nell’occhio sbagliato) e uscire e prepararmi alla battaglia interurbana sul bus. So già cosa troverò: facce scure su libri che sembrano rimproverare i loro possessori di non averli sfogliati ore o addirittura giorni prima, nei casi più disperati si può parlare anche di mesi. Sì, troverò anche molte ascelle…è bello essere alti a volte. So di sicuro quello che non troverò: un posto per sedermi.
Finalmente esco davanti alla scuola. Dalla padella alla brace?
Passa il tempo, lento, veloce, giocoso, noioso, strano. E rieccomi davanti al computer a farmi gli affari degli altri su Face. Ma perché lo faccio? Sinceramente, oltre a parlare con gli amici, cosa faccio?
Basta. Vado a dormire. Prego lassù tra le tante cose che il mio sonno sia pieno di sogni. Perché almeno possa sognare ad occhi chiusi.
Non è vero che noi giovani non abbiamo speranze, ne abbiamo da vendere a iosa, di obbiettivi non così tanti, ma anche quelli fanno presenza. Ma se siamo in un mondo in cui tutti ti stendono il tappeto rosso per poi dirti “Sono costernato, ma non posso farla entrare”, smontando tutto quello che tu avevi costruito con poche parole, smentendo tutto ciò che loro ti avevano detto dietro ai pixel della TV. E’ vero non siamo tutti santi, tutte povere pecorelle smarrite, ma non vedo pastori pronti a riportarci sulle spalle facendo festa con gli altri per averci ritrovati. Siamo ribelli tanto quanto ogni uomo che ricerca sé stesso. Siamo amorfi tanto quanto un uomo che non ha una vera ragione di vita. Sono stanco di vedermi davanti così tanti bivi, di sentirmi dire che ho tante qualità da sfruttare per poi rischiare di scegliere quella più conveniente, non la più allettante per me e buttare la mia vita in un fiume scemante di rimpianti.
Voglio dare qualcosa a questo mondo, voglio poter urlare con gli altri le mie capacità, poter aiutare altri a fare lo stesso. Se c’è bisogno di sudare, di cadere per poi rialzarsi, di rischiare, di vedermi passare davanti altri, di perdere qualcosa anche d’importante sono pronto. Chi mi ama mi seguirà, spero.
O dovrò perdere anche dei “seguaci”? Spero di no, maledetto mondo.
Dài che domani è sabato.”
Chissà… sbaglio quotidianamente il congiuntivo e metto ogni due per tre i famosi “periodi ipotetici” che ci insegnano a scuola; penso ce ne sia bisogno in questo mondo pieno di false certezze. Un mondo in cui sei qualcuno se imiti lo stile del boss di turno, in cui tutto diventa più bello se Knut mangia la sua pappa o se Carla Bruni (come dice anche Cristicchi) appare sui nostri schermi.
Datemi qualcosa per vivere, datemi qualcosa in cui credere veramente. Senza sbattermi in faccia esempi o frasi vuote, di quelle ne ho fin troppe e se per caso io voglia trovarne altre mi faccio un giro su Google e ne trovo di altre, perfette anche per spacciarle come mie.
Mi sveglio ogni mattina, sfido lo specchio come sempre, tanto vince lui, ricordandomi che non sono neanche lontanamente il più bello del reame, mi lavo i denti, non sono capace di usare il filo interdentale, le gengive diventano paonazze. Sangue. Mi devo rilavare i denti.
Non voglio fare colazione, ho mangiato troppo ieri, tra Mc e la cena coi nonni; niente da fare, mi devo sorbire la mia aranciata e il mio toast, mettermi le lenti a contatto (naturalmente sbagliando e mettendo ciascuna nell’occhio sbagliato) e uscire e prepararmi alla battaglia interurbana sul bus. So già cosa troverò: facce scure su libri che sembrano rimproverare i loro possessori di non averli sfogliati ore o addirittura giorni prima, nei casi più disperati si può parlare anche di mesi. Sì, troverò anche molte ascelle…è bello essere alti a volte. So di sicuro quello che non troverò: un posto per sedermi.
Finalmente esco davanti alla scuola. Dalla padella alla brace?
Passa il tempo, lento, veloce, giocoso, noioso, strano. E rieccomi davanti al computer a farmi gli affari degli altri su Face. Ma perché lo faccio? Sinceramente, oltre a parlare con gli amici, cosa faccio?
Basta. Vado a dormire. Prego lassù tra le tante cose che il mio sonno sia pieno di sogni. Perché almeno possa sognare ad occhi chiusi.
Non è vero che noi giovani non abbiamo speranze, ne abbiamo da vendere a iosa, di obbiettivi non così tanti, ma anche quelli fanno presenza. Ma se siamo in un mondo in cui tutti ti stendono il tappeto rosso per poi dirti “Sono costernato, ma non posso farla entrare”, smontando tutto quello che tu avevi costruito con poche parole, smentendo tutto ciò che loro ti avevano detto dietro ai pixel della TV. E’ vero non siamo tutti santi, tutte povere pecorelle smarrite, ma non vedo pastori pronti a riportarci sulle spalle facendo festa con gli altri per averci ritrovati. Siamo ribelli tanto quanto ogni uomo che ricerca sé stesso. Siamo amorfi tanto quanto un uomo che non ha una vera ragione di vita. Sono stanco di vedermi davanti così tanti bivi, di sentirmi dire che ho tante qualità da sfruttare per poi rischiare di scegliere quella più conveniente, non la più allettante per me e buttare la mia vita in un fiume scemante di rimpianti.
Voglio dare qualcosa a questo mondo, voglio poter urlare con gli altri le mie capacità, poter aiutare altri a fare lo stesso. Se c’è bisogno di sudare, di cadere per poi rialzarsi, di rischiare, di vedermi passare davanti altri, di perdere qualcosa anche d’importante sono pronto. Chi mi ama mi seguirà, spero.
O dovrò perdere anche dei “seguaci”? Spero di no, maledetto mondo.
Dài che domani è sabato.”
(The Actor, Riflettere per crescere - Aspirazioni o illusioni?)
3 commenti:
Vorrei, come prof, riuscire ad essere sempre tra “i pastori pronti a riportarci sulle spalle facendo festa con gli altri per averci ritrovati”..
C’era una volta un navigatore che viaggiava verso la costa, senza fare facile cabotaggio, però: viaggiava fra i mondi, affrontando i mostri che, si diceva, popolassero il mare. Viaggiava in direzione di una luce, il suo obiettivo, ma avvicinandosi alla costa si accorse che le luci erano tante, perché tanti erano i fari e i porti a cui attraccare. Scelse, discernendo quale fosse il suo, né da lontano avrebbe potuto capirlo. Caro The Actor, che vuole dire ‘colui che ama recitare’ (nevvero?), ma anche ‘colui che vuole agire’, pur nella stanchezza del dover decidere e nel timore di sbagliare a scegliere… a volte non si può scegliere a distanza di anni il proprio obiettivo e, in assenza di cartografia sperimentata, si può solo aggiustare nel migliore dei modi la direzione, cominciando a chiarirsi le idee col riflettere su se stessi e sul mondo, poi, col tempo, discernerai le false illusioni, e di quelle ti libererai. Diceva uno scrittore francese: Quelle infinite scale che ti affannavi a scendere e a salire erano gli antichi lacci delle tue illusioni che impacciavano il tuo pensiero…
Una tua ex-prof
Se potessi avere dei commenti così ad ogni parola che scrivo,di sicuro non andrei più a scuola, madames...Grazie di tutto e anche se "show must go on" io bazzicherò sempre tra le vostre pagine web o qualcosa del genere chiamato cuore...!
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