“Con monotona insistenza si sente ripetere il ritornello piuttosto logoro che “la speranza è l’ultima a morire”, come se la speranza fosse un appiglio per andare avanti senza complicazioni, senza inquietudini di coscienza; o come se fosse un espediente per rimandare sine die la necessaria rettifica di condotta, la lotta per raggiungere mete nobili [...].
Direi che questa è la via per confondere la speranza con la comodità. [...] l’ambizione più alta si riduce a evitare ciò che potrebbe modificare la tranquillità - apparente - di una mediocre esistenza. Quando l’anima è timida, rattrappita, pigra, la creatura si riempie di sottili egoismi e si accontenta che i giorni e gli anni trascorrano sine spe nec metu, senza le aspirazioni che esigono sforzo, senza i sussulti della lotta: ciò che importa è evitare il rischio dei dispiaceri e delle lacrime. Quanto si è lontani dall’ottenere qualcosa se si è perso il desiderio di possederlo, per timore del prezzo da pagare per la sua conquista!
C’è poi l’atteggiamento superficiale di coloro che - [...] - fanno poesia facile sulla speranza. Incapaci di affrontare sinceramente se stessi e di dichiararsi per il bene, riducono la speranza a un miraggio, a un ideale utopistico, alla semplice evasione di fronte alle angosce di una vita difficile. La speranza - la falsa speranza - diviene per costoro una frivola velleità, che non serve a nulla.”
(Josemaría Escrivá, Amici di Dio)
Quanto si è lontani dall’ottenere qualcosa se si è perso il desiderio di possederlo, per timore del prezzo da pagare per la sua conquista!
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