"PRODUCE" QUALCOSA DI MOLTO IMPORTANTE SOLO SE "NON SERVE" A NIENTE E A NESSUNO
“Mi rendo conto che il titolo di questa pagina è provocatorio e potrebbe essere male inteso.
Ma tu cerca di seguirmi in questo semplice ragionamento.
Fatti una domanda: quale madre sarebbe contenta di sentirsi dire da suo figlio che il bacio con la quale egli la saluta è per lui "utile" per qualche secondo fine: supponiamo per essere perdonato della sua ultima disobbedienza, o per ottenere la mancia o un regalo?
Perché devi pensare che Dio sia così meschino da compiacersi di una preghiera "a contratto" o addirittura "a ricatto"?
In un mondo in cui la vita umana è sempre più esposta alla dimensione quasi esclusiva dell’utile commerciale e della legge della produttività, per cui vale solo quanto produce qualcosa di buono e quanto è commercialmente valutabile in termini di convenienza, la custodia degli spazi residui della gratuità, della gratitudine, del dono disinteressato, diventa sempre più necessario alla sopravvivenza di qualcosa che possa dirsi veramente umano.
A che cosa "serve" una sinfonia di Beethoven o un capolavoro di Michelangelo?
La preghiera dovrebbe essere qualcosa di diverso e "servire" a qualcosa d’altro?
Essa fa parte dell’ordine dei fini e non dei mezzi: non va strumentalizzata e resa "utile" per qualcosa d’altro, fosse pure la famosa "salvezza dell’anima".
So che ci sono stati dei santi che hanno scritto interi trattati spirituali su "Il gran mezzo della preghiera". Continuo a ritenere, tuttavia, che è necessario capire bene quanto si vuol dire con questa espressione. In realtà la preghiera è preziosa e produce un bene immenso che è appunto la partecipazione alla suprema "inutilità" di un Dio che è amore gratuito, e incondizionato dono di sé.
La preghiera cambia il tuo cuore, guarisce le tue ferite, consola la tua vita, purifica i tuoi pensieri, ti apre all’accoglienza dei doni di Dio, arriva perfino ad ottenere miracoli: ma tutto questo avviene solo quando è preghiera autentica, cioè quando l’efficacia del "gran mezzo" della preghiera scaturisce dalla sua autenticità di puro e semplice atto d’amore per il Signore, e come tale rifiuta ogni considerazione magica o superstiziosa del rapporto strumentale tra prestazione religiosa offerta e beneficio ottenuto.
Ti sembra possibile credere a un Dio che vive e compie ogni cosa per puro suo interesse personale? Un Dio che avrebbe il suo tornaconto dalla nostra obbedienza alle sue leggi e si nutrirebbe del fumo dei nostri olocausti e dei nostri sacrifici, come se ne avesse fame?
Già la predicazione profetica, nella antica alleanza, annunciava la falsità radicale di questo modo di concepire e di vivere il culto e la preghiera.
[...] Che la tua preghiera sia sempre un arrendersi sfiduciale nella bontà del Padre che sa cosa è buono per te, anche se è bello che tu, nella tua fiducia filiale, gli chieda ciò che ritieni per te desiderabile.”
“Mi rendo conto che il titolo di questa pagina è provocatorio e potrebbe essere male inteso.
Ma tu cerca di seguirmi in questo semplice ragionamento.
Fatti una domanda: quale madre sarebbe contenta di sentirsi dire da suo figlio che il bacio con la quale egli la saluta è per lui "utile" per qualche secondo fine: supponiamo per essere perdonato della sua ultima disobbedienza, o per ottenere la mancia o un regalo?
Perché devi pensare che Dio sia così meschino da compiacersi di una preghiera "a contratto" o addirittura "a ricatto"?
In un mondo in cui la vita umana è sempre più esposta alla dimensione quasi esclusiva dell’utile commerciale e della legge della produttività, per cui vale solo quanto produce qualcosa di buono e quanto è commercialmente valutabile in termini di convenienza, la custodia degli spazi residui della gratuità, della gratitudine, del dono disinteressato, diventa sempre più necessario alla sopravvivenza di qualcosa che possa dirsi veramente umano.
A che cosa "serve" una sinfonia di Beethoven o un capolavoro di Michelangelo?
La preghiera dovrebbe essere qualcosa di diverso e "servire" a qualcosa d’altro?
Essa fa parte dell’ordine dei fini e non dei mezzi: non va strumentalizzata e resa "utile" per qualcosa d’altro, fosse pure la famosa "salvezza dell’anima".
So che ci sono stati dei santi che hanno scritto interi trattati spirituali su "Il gran mezzo della preghiera". Continuo a ritenere, tuttavia, che è necessario capire bene quanto si vuol dire con questa espressione. In realtà la preghiera è preziosa e produce un bene immenso che è appunto la partecipazione alla suprema "inutilità" di un Dio che è amore gratuito, e incondizionato dono di sé.
La preghiera cambia il tuo cuore, guarisce le tue ferite, consola la tua vita, purifica i tuoi pensieri, ti apre all’accoglienza dei doni di Dio, arriva perfino ad ottenere miracoli: ma tutto questo avviene solo quando è preghiera autentica, cioè quando l’efficacia del "gran mezzo" della preghiera scaturisce dalla sua autenticità di puro e semplice atto d’amore per il Signore, e come tale rifiuta ogni considerazione magica o superstiziosa del rapporto strumentale tra prestazione religiosa offerta e beneficio ottenuto.
Ti sembra possibile credere a un Dio che vive e compie ogni cosa per puro suo interesse personale? Un Dio che avrebbe il suo tornaconto dalla nostra obbedienza alle sue leggi e si nutrirebbe del fumo dei nostri olocausti e dei nostri sacrifici, come se ne avesse fame?
Già la predicazione profetica, nella antica alleanza, annunciava la falsità radicale di questo modo di concepire e di vivere il culto e la preghiera.
[...] Che la tua preghiera sia sempre un arrendersi sfiduciale nella bontà del Padre che sa cosa è buono per te, anche se è bello che tu, nella tua fiducia filiale, gli chieda ciò che ritieni per te desiderabile.”
(Mons. Diego Coletti, Pregate, fratelli e sorelle...)