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giovedì 22 luglio 2010

22 Luglio - S.Maria Maddalena


“Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!».”
(Gv 20, 11-16)

venerdì 2 aprile 2010

"Ecce Homo"

Pilato era uscito fuori dal Pretorio e con un gesto della mano rivolto alla folla, fece avanzare Gesù gridando: ‘Ecco l’uomo!’. Infatti Gesù non c’era più, non era più lui. Quel rudere barcollante, che a mala pena si reggeva in piedi, era un cencio a brandelli. Una maschera di sangue e di dolore che i soldati hanno voluto arredare con le insegne della regalità! Quel casco di spine a mo’ di corona ficcato nella testa, quello straccio scarlatto sulle spalle scarnificate dai colpi, quella canna fessa infilata tra le mani legate ai polsi con una catena... tutto per incorniciare un volto tumefatto e livido, un povero corpo maciullato e straziato! [...] Mi fermai a guardarlo: di Gesù non restava più niente, se non la sua dignità maestosa e... i suoi occhi! Quello sguardo mi segue ancora. Erano occhi luminosi. Brillavano. Non per la febbre, non per le lacrime. Guardavano la folla senza rancore, senza desiderio di vendetta, senza atteggiamento di giudizio; guardavano come tante volte hanno guardato i malati, i lebbrosi, i poveri, i disgraziati. C’era in quello sguardo forza e severità, ma anche tanta tristezza, tanto dolore, tanta dolcezza! Erano occhi rivolti alla folla, ma guardavano uno a uno quei poveri sciagurati, entravano in ciascuno di loro come un raggio di luce in lotta con le tenebre più fitte.”

(Ferdinando Rancan, In quella casa c’ero anch’io)

martedì 8 dicembre 2009

Attendere

“La vera tristezza non è quando, la sera, non sei atteso da nessuno al tuo rientro in casa, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita.
E la solitudine più nera la soffri non quando trovi il focolare spento, ma quando non lo vuoi accendere più: neppure per un eventuale ospite di passaggio.
Quando pensi, insomma, che per te la musica è finita. E ormai i giochi siano fatti. E nessun'anima viva verrà a bussare alla tua porta. E non ci saranno più né soprassalti di gioia per una buona notizia, né trasalimenti di stupore per una improvvisata. E neppure fremiti di dolore per una tragedia umana: tanto non ti resta più nessuno per il quale tu debba temere.
La vita allora scorre piatta verso un epilogo che non arriva mai, come un nastro magnetico che ha finito troppo presto una canzone, e si srotola interminabile, senza dire più nulla, verso il suo ultimo stacco.
Attendere: ovvero sperimentare il gusto di vivere. Hanno detto addirittura che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle sue attese. Forse è vero.
Se è così, bisogna concludere che Maria è la più santa delle creature proprio perché tutta la sua vita appare cadenzata dai ritmi gaudiosi di chi aspetta qualcuno.
Già il contrassegno iniziale con cui il pennello di Luca la identifica è carico di attese: «Promessa sposa di un uomo della casa di Davide».
Fidanzata, cioè.
A nessuno sfugge a quale messe di speranze e di batticuori faccia allusione quella parola che ogni donna sperimenta come preludio di misteriose tenerezze. Prima ancora che nel Vangelo venga pronunciato il suo nome, di Maria si dice che era fidanzata. Vergine in attesa. In attesa di Giuseppe. In ascolto del frusciare dei suoi sandali, sul far della sera, quando, profumato di legni e di vernici, egli sarebbe venuto a parlarle dei suoi sogni.
Ma anche nell'ultimo fotogramma con cui Maria si congeda dalle Scritture essa viene colta dall'obiettivo nell' atteggiamento dell'attesa.
Lì, nel cenacolo, al piano superiore, in compagnia dei discepoli, in attesa dello Spirito. In ascolto del frusciare della sua ala, sul fare del giorno, quando, profumato di unzioni e di santità, egli sarebbe disceso sulla Chiesa per additarle la sua missione di salvezza.
Vergine in attesa, all'inizio.
Madre in attesa, alla fine.
E nell'arcata sorretta da queste due trepidazioni, una così umana e l'altra così divina, cento altre attese struggenti.
L'attesa di lui, per nove lunghissimi mesi. L'attesa di adempimenti legali festeggiati con frustoli di povertà e gaudi di parentele. L'attesa del giorno, l'unico che lei avrebbe voluto di volta in volta rimandare, in cui suo figlio sarebbe uscito di casa senza farvi ritorno mai più. L'attesa dell'ora: l'unica per la quale non avrebbe saputo frenare l'impazienza e di cui, prima del tempo, avrebbe fatto traboccare il carico di grazia sulla mensa degli uomini. L'attesa dell'ultimo rantolo dell'unigenito inchiodato sul legno. L'attesa del terzo giorno, vissuta in veglia solitaria, davanti alla roccia.
Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all'infinito.”

(don Tonino Bello, Maria, donna dell’attesa)

domenica 29 novembre 2009

Scegli la gioia o la tristezza?

I domenica di Avvento
Appunti di una meditazione sul brano di Vangelo dell’Annunciazione (Lc 1, 26-38):





1. “Rallegrati”
Gesù ci viene incontro innanzitutto per invitarci alla gioia; prima ancora di affidarci un incarico vuole la nostra gioia.
Sono contento di quello che sto vivendo? Cosa mi fa perdere la gioia? Cosa mi fa davvero gioire? Non divertire, gioire! Perché il divertimento è una cosa diversa dalla gioia.
Perché l’uomo di oggi non è contento di quello che vive?
Ecco che l’Avvento diventa un momento per risvegliare la gioia nella nostra vita.
2. “Piena di Grazia” (amata da Dio gratuitamente)
Dio ci vuole bene gratis e così come siamo (anche quando non siamo amabili)!
Quanti dei nostri incontri sono ‘gratis’? Quanto stiamo insieme gratuitamente?
L’Avvento è un momento per riscoprire anche questa dimensione: la gratuità di Dio per noi e la nostra gratuità con gli altri.
3. “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”
L’Avvento è anche spazio per le domande profonde che portiamo dentro.
Qual è la domanda più insistente che ho nel cuore?
Rivolgerla a Dio che ci visita, per evitare di cercare risposte da tante altre parti.
4. “Non temere”
Dio ci è accanto per essere risposta.
Ma anche Lui attende la nostra risposta.
L’Avvento è il tempo della nostra risposta a Dio; è il tempo in cui siamo chiamati a scegliere per la gioia o per la tristezza.


AVVENTO:
- tempo per riscoprire la gioia
- tempo per riscoprire la gratuità (ricevuta e donata/da donare)
- tempo per le domande che abbiamo nel cuore
- tempo in cui Dio si fa accanto a ciascuno per essere risposta
- tempo per la nostra risposta...

Scelgo la gioia o la tristezza?