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venerdì 21 gennaio 2011

I Suoi primi passi...

“La cosa più strabiliante non è che l’uomo sia arrivato a camminare sulla Luna, ma che Dio sia sceso a camminare sulla Terra.”
(Neil Armstrong)

“Caro, piccolo Gesù! Ormai ti reggi sulle gambine e tenti di muovere i primi passi. Ogni tanto la Madonna lascia anche a me il privilegio di tenerti per le manine e coccolarti. Ti reggi in piedi traballando e mandando grida di gioia come tutti i bambini che realizzano le loro prime conquiste. Quando, improvvisamente, mi rendo conto di ciò che sto facendo, mi prende un misto di stupore e di paura, che mi lascia come interdetto: il Bambino che tengo per mano è il Creatore del mondo. Io sto aiutando nei suoi primi passi incerti e maldestri Colui che ha fatto i cieli e la terra. Tutta la sapienza e la potenza di Dio è qui nelle mie mani, si lascia reggere e condurre da una povera creatura, debole e impotente, che ha bisogno, essa stessa, di tutto perché da sola non potrebbe nulla, né muoversi, né agire, né pensare; da sola nemmeno esisterebbe. Il Creatore in mano a una creatura! “Colui che è” in mano a “colui che non è”! Gesù mio, com’è possibile? E’ un pensiero che mi emoziona e insieme mi spaventa. Chi poteva immaginare una cosa simile? A tanto è arrivata la “condiscendenza” di Dio verso gli uomini! Il tuo amore per me, Gesù!”

(Ferdinando Rancan, In quella casa c’ero anch’io)

venerdì 2 aprile 2010

"Ecce Homo"

Pilato era uscito fuori dal Pretorio e con un gesto della mano rivolto alla folla, fece avanzare Gesù gridando: ‘Ecco l’uomo!’. Infatti Gesù non c’era più, non era più lui. Quel rudere barcollante, che a mala pena si reggeva in piedi, era un cencio a brandelli. Una maschera di sangue e di dolore che i soldati hanno voluto arredare con le insegne della regalità! Quel casco di spine a mo’ di corona ficcato nella testa, quello straccio scarlatto sulle spalle scarnificate dai colpi, quella canna fessa infilata tra le mani legate ai polsi con una catena... tutto per incorniciare un volto tumefatto e livido, un povero corpo maciullato e straziato! [...] Mi fermai a guardarlo: di Gesù non restava più niente, se non la sua dignità maestosa e... i suoi occhi! Quello sguardo mi segue ancora. Erano occhi luminosi. Brillavano. Non per la febbre, non per le lacrime. Guardavano la folla senza rancore, senza desiderio di vendetta, senza atteggiamento di giudizio; guardavano come tante volte hanno guardato i malati, i lebbrosi, i poveri, i disgraziati. C’era in quello sguardo forza e severità, ma anche tanta tristezza, tanto dolore, tanta dolcezza! Erano occhi rivolti alla folla, ma guardavano uno a uno quei poveri sciagurati, entravano in ciascuno di loro come un raggio di luce in lotta con le tenebre più fitte.”

(Ferdinando Rancan, In quella casa c’ero anch’io)

sabato 29 agosto 2009

I ricordi e la strada che è davanti a noi

"Figlio mio, - disse - dietro di noi non lasciamo dei ricordi, ma soltanto cose. I ricordi li portiamo dentro di noi, nel nostro cuore, sono brani della nostra vita e appartengono alla nostra persona e a Dio. Le cose possono essere tutt'al più un richiamo ai nostri ricordi, ma non possono diventare brandelli della nostra persona o della nostra vita. Le cose sono entità morte, e ci tengono attaccati al passato, al tempo che non c'è più; i ricordi invece sono nostri compagni di viaggio, camminano con noi e ci raccontano continuamente l'amore di Dio. Le cose ci fanno camminare con la testa rivolta all'indietro, i ricordi ci spingono a guardare alla strada che è davanti a noi, quella che porta scritto il nostro nome e conduce alla felicità."

(Ferdinando Rancan, In quella casa c'ero anch'io)

L'importante è non vivere sempre e solo di ricordi:

"vivere di ricordi non è un buon segno; è segno di vecchiaia o di poca libertà interiore"
(Ferdinando Rancan, idem)

giovedì 27 agosto 2009

Imparare a tacere per imparare a parlare

"Figlio mio - sembrava dirmi - le cose di Dio si comunicano con le parole, ma si capiscono col cuore; e il cuore più che con le labbra parla con gli occhi. Quando dentro di te Dio ti parla, senti che Egli ti sta guardando, e quando Dio ti guarda, ti dice cose più profonde di ogni parola; il suo sguardo è una luce dolcissima che illumina il cuore e ti fa comprendere ciò che le parole ti fanno soltanto conoscere. Le parole infatti vengono dalla mente, lo sguardo viene dal cuore; ed è nel sorriso degli occhi che puoi leggere le parole del cuore. Gli uomini di questo mondo parlano troppo e contemplano poco, per questo i loro occhi sono tristi, quando non sono addirittura spenti perché è diventato muto il loro cuore. E quando il cuore si spegne, gli occhi si fanno voraci di cose inutili e tristi, diventano finestre spalancate sul vuoto perché non conoscono l'amore. Bambino mio, il Signore ha voluto che io imparassi a tacere perché imparassi a parlare."

(Ferdinando Rancan, In quella casa c'ero anch'io)

In questo brano è Zaccaria a 'parlare con gli occhi', reso muto per non aver creduto, dall'angelo, che avrebbe avuto un figlio dalla moglie Elisabetta, "avanzata negli anni".