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domenica 8 novembre 2015

Autunno




Luce d'autunno
lungo viali alberati
m'inebrio di te.




Il viale alberato di casa nostra in questi giorni è un tripudio di colori: ci sono alberi ancora verdi, alberi con le foglie verdi che si stanno schiarendo e tendono al giallo, alberi gialli, arancioni, rossi, alberi con le foglie di tutti questi colori, alberi quasi spogli, ... e un albero stupendo con foglie verdi fino alla cima, dove i colori sfumano fino al rosso anche sulle singole foglie creando un 'cappello' di colore...
Il sole poi risalta tutti i colori ed è un vero spettacolo!


venerdì 15 aprile 2011

Un non so che di cosmico

“Il ciclo mestruale ha, come sua prima fase, lo sviluppo del follicolo e in esso della cellula uovo, come per il primo quarto lunare o della luna crescente.

E’ il tempo del risveglio, del rifiorire primaverile della natura orientata verso l’estate, che sarà il tempo della messe, della fruttificazione.
La donna in questa fase viene inondata da una carica, da un tasso sempre più alto di ormoni estrogeni e di androgeni che modificano in senso positivo tutto il suo corpo; come la terra per le piogge primaverili è più ricca, più gonfia di acqua così il corpo e la psiche della donna vengono profondamente rinnovati.

La donna si sente interiormente rifatta, progressivamente sempre più carica di energia dinamica, espansiva, rivolta all’esterno. Fatta padrona di sé si sente capace e pronta a produrre, a costruire nuovi e più profondi progetti di vita di relazione. Essendo più comprensiva, più tollerante, più ricettiva, più materna, più disponibile ai bisogni altrui, sente anche maggiormente il bisogno di incontrarsi con chi gli è opposto, complementare; [...] per costruire insieme una pienezza di essere e di vita.
A ben guardare tutte queste manifestazioni comportamentali della soggettività della donna, evidenziabili come forme tipiche di questa fase del suo ciclo mestruale, sono predisponenti ad un agire intimo, pieno di slanci di oblatività capaci di aprirsi [...] all’evento di una possibile nuova vita nascente.

Quando si è raggiunto questo acme ormonale, lo splendore solare, energetico della femminilità, si compiono le condizioni biologiche favorenti il possibile realizzarsi del miracolo della vita.
[...]

Concluso l’attimo di tempo che l’ovulo concede alla fertilizzazione, meno di un giorno, la donna entra in una successiva fase di transizione, di attesa. Sotto un certo aspetto è opportuno questo stato d’animo di rallentamento di attività, in quanto, qualora si fosse realizzato un concepimento, si tratterebbe di spostare il centro di interessi vitali su questa nuova realtà.
[...]
Ma, come più spesso accade, il miracolo della vita non si compie e il progesterone, ormone protettore della vita, è portato ad arrendersi e trasformarsi in un’azione di regressione e a dar luogo, con un nuovo ciclo mestruale, alla mestruazione.

Questa fase corrisponde a quella della luna calante, del progressivo venir meno della luce per raggiungere l’oscurità o, se si vuole, l’autunno che gradualmente si sfoglia, si contrae per irrigidirsi nel freddo dell’inverno.
La donna si intristisce, abbandona le sue attese, le sue speranze, i suoi progetti, rallenta i suoi ritmi vitali, perde l’aspetto luminoso e ogni slancio verso l’esterno, si fa sempre più introversa, si lascia andare alla ricerca dei suoi bisogni più personali e quanto più si avvicina al mestruo si sente sempre più nervosa, irritabile, intollerante, litigiosa fino a raggiungere lo stato culminante nel mestruo.

La fase del buio, della notte, della stagione sfavorevole corrisponde al momento del flusso mestruale, che segna la fine del mese e l’inizio di quello successivo.
Il tempo del flusso mestruale, della perdita sanguigna, conseguenza dello scollamento della mucosa uterina, viene immaginato e paragonato al pianto dell’utero deluso e amareggiato per il mancato concepimento, che è il fine biologico a cui tende il ciclo mestruale.

Ma appunto perché la natura non ha realizzato il suo intrinseco scopo, preso atto, con dolore, del fallimento avvenuto, ben presto riparte, con rinnovata speranza, per un nuovo tentativo.

Mentre il sangue bagna ancora la donna, come d’inverno sotto la neve, la terra del suo apparato generativo è in profondità ancora viva e già ricca di nuove cellule germoglianti.”

(Gabriele Bonomi - Cesare Gianatti - Rosaria Marelli,
Il segno dei giorni fertili)


martedì 20 luglio 2010

lunedì 12 luglio 2010

domenica 6 dicembre 2009

Il pozzo del filosofo


“Il filosofo camminava a passi stretti, quasi le sue caviglie non osassero distaccarsi più di tanto l’una dall’altra. I tempi in cui, ragazzino, correva a rotta di collo giù per i pendii scavalcando siepi e fossati ad ampie falcate, non erano neppure più un ricordo. Li aveva annientati nella memoria come ogni altra realtà adolescenziale.
La natura - così traboccante di fascino, seduzione ed illusioni - egli l’aveva sterilizzata nella mente per servirsene come alimento per il suo pensiero, cui era avviticchiato come un convolvolo. In tal modo anche il suo corpo si era irrigidito ed ogni suo gesto era divenuto avaro.
Così camminava il filosofo in quella Notte Santa, quando vide un gruppo di pastori che andavano festanti alla grotta e li seguì a distanza. La sua non era curiosità ma inerzia. Già sapeva, il filosofo, dove conduce ogni strada e dove porta ogni passo: al nulla. Ma appunto per questo, a qualunque cosa accadesse egli assisteva; assisteva con quel distacco che egli pensava fosse la sua forza e la conferma del suo pensiero. Tutto è illusione, quaggiù; tuffiamoci dunque in ogni illusione per riemergerne più adamantini nella constatazione del nulla, pensava.
Anche quella volta andò come previsto. C’era una grotta, un bimbo e degli adoratori attratti dall’illusione più crudele per il suo popolo: quella che fosse nato il Messia, il Salvatore. Il filosofo si trattenne per poco sulla scena, tale ne era per lui l’irrealtà e l’assurdo. Si rimise a girovagare nella notte, come era solito fare, per dare un po’ di sollievo ai suoi pensieri.
Guardava il cielo e le sue infinite pupille meditando sulla loro assoluta inutilità, quando un breve passo gli fu fatale. Cadde a testa in giù in un pozzo senza sponde e svenne.
Quando si riebbe, palpandosi la nuca indolenzita, guardò verso l’alto e vide un piccolo cerchio di cielo, quasi una pupilla che lo osservasse assorta. Ebbe allora, fulminea, la percezione della realtà: se dal buco in cui si trovava ora tutto il cielo, per lui, si riduceva a uno spazio così limitato, come poteva aver supposto, quando era in superficie, di vedere altro che uno spazio pur esso limitato?
A volte basta una zuccata per ricondurre sulla retta via.
Il filosofo chiese aiuto. Ma la sua voce era poco più di un esile filo, dal momento che ne aveva fatto un uso molto parco; né le sue braccia avevano più la forza di un tempo, quando si arrampicava sugli alberi per gustarsi qualche fico di frodo. Eppure tutto il suo corpo, ora, reclamava la vita, come un libro a lungo sigillato reclama di essere sfogliato. Adesso che sperimentava nella sua carne quel nulla cui aveva eretto un monumento nel suo spirito, gli pareva un nulla insulso e doloroso, una specie di insetto che in qualche modo lo avesse inglobato in sé. E la recente scoperta che quel nulla altro non era se non una fetta di verità, come il cerchio di stelle sopra di lui non era che una fetta di cielo, e il cielo una fetta di infiniti altri misteri, non consolava più di tanto la sua disperazione. Chi l’avrebbe mai udito e tratto in salvo?
Per fortuna i pozzi non servono solo ai filosofi per rinsavire, ma anche ai comuni mortali per attingere acqua. E così, quando gli cadde in testa il secchio che Giuseppe aveva gettato con foga perché si riempisse celermente, il filosofo cacciò un grido che venne finalmente udito.
E i pastori, nel sentire prima e nel vedere poi qualcuno che scendeva dalle colline a rotta di collo verso la grotta facendo grandi balzi, pensarono: «Questi ragazzi... Quando rinsaviranno mai?».”


(Piero Gribaudi, Fiabe della Notte Santa)

domenica 4 ottobre 2009

Che fiore(llino) sono?

"Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo dinanzi agli occhi il libro della natura, ed ho capito che tutti i fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli bianchissimi non rubano il profumo alla viola, o la semplicità incantevole alla pratolina... Se tutti i fiori piccini volessero essere rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non sarebbero più smaltati di infiorescenze.
Così è nel mondo delle anime, che è il giardino di Gesù."

(Teresa di Lisieux, Storia di un'anima)